A cura del Dott. Giovanni Gravina Endocrinologo presso la Casa di Cura San Rossore
Per secoli (e, molto probabilmente, fin dalla sua nascita) la medicina è avanzata su un percorso segnato dall’androcentrismo.
Tutto ciò che conosciamo è stato scoperto in seguito a ricerche effettuate su campioni e soggetti maschili: per molto tempo, infatti, negli studi clinici i soggetti arruolati sono stati prevalentemente di sesso maschile.
Ciò ha inevitabilmente condotto a una “androcentrizzazione” della medicina, a discapito del sesso femminile che in realtà, a livello cellulare, presenta inequivocabili differenze rispetto al sesso maschile. E’ stato infatti ampiamente dimostrato che le cellule femminili si differenziano da quelle maschili per numerosi fattori genetici, epigenetici, ormonali e ambientali. Per questo è stato introdotto il concetto di “medicina di genere”.
La medicina di genere, o meglio, la medicina genere-specifica, viene definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona”. Ciò che fa nella pratica è realizzare programmi di prevenzione, diagnosi e terapie fatti su misura per la donna e per l’uomo.
Un’ingente e crescente mole di dati indica infatti l’esistenza di differenze nell’insorgenza, nella progressione e nelle manifestazioni delle malattie, nonché nella risposta ai trattamenti terapeutici. È chiaro che siano necessarie specifiche soluzioni “al femminile” per ridurre particolari problematiche che riguardano esclusivamente il sesso femminile.
Da sempre il concetto di salute viene declinato in vario modo perché ogni persona è differente dall’altra, ma adesso la medicina dispone di una nuova freccia per il suo arco, una risorsa quanto mai necessaria ed efficace. La conoscenza delle differenze di genere favorisce, pertanto, maggiore tutela della salute e appropriatezza nelle cure.