Lo scorso autunno, l’importante rivista di virologia Viruses ha invitato il Professor Generoso Bevilacqua a contribuire con un lungo articolo sulla eziologia virale del cancro della mammella ad un fascicolo dedicato a un “nuovo virus” umano, per la cui identificazione gli studi di Bevilacqua si sono dimostrati essenziali. Questo virus si chiama HBRV, Human Betaretrovirus, ed è il primo betaretrovirus descritto nella specie umana.
L’articolo, pubblicato il 1° Agosto di quest’anno, riassume un secolo di studi sull’argomento. Negli anni ’30 viene ipotizzata la presenza nel latte delle topoline di un “agente” capace di indurre tumori mammari. Alla fine degli anni ’40 questo agente viene identificato come virus, l’MMTV (Mouse Mammary Tumor Virus), che col latte si trasmette dalla mamma ai topolini neonati. Negli anni ’70 si comincia a pensare che l’MMTV possa causare anche i tumori umani. Nel 1995 questa ipotesi prende corpo: Beatriz Pogo, virologa del Mount Sinai Hospital di New York, dimostra la presenza di sequenze dell’MMTV nel 35-40% dei tumori della mammella della donna. Gli anni successivi assistettero a un ampio dibattito internazionale fra i sostenitori e i detrattori di questi risultati, che dai “negazionisti” venivano genericamente attribuiti a contaminazioni con materiali del topo.
Attratto dalla questione, Bevilacqua, che studia l’MMTV sin dagli anni ’70, decide di entrare in campo disegnando uno studio estremamente accurato, tale da assicurare un risultato certo, qualunque fosse stato. A tal fine si avvale di tecniche particolarmente sofisticate e della collaborazione del virologo Mauro Pistello (attualmente Professore Ordinario a Pisa).
Nel 2006 il dato della Professoressa Pogo viene confermato: 33% di cancri umani positivi al MMTV. Nel 2011 Bevilacqua dimostra che in realtà il virus interessa la quasi totalità dei tumori mammari della donna. Comincia a essere utilizzato il termine HMTV (Human Mammary Tumor Virus), il virus umano del tumore della mammella. L’articolo mette in rilievo come i dati di frequenza siano stati confermati da circa 50 studi effettuati nei cinque continenti: circa il 30% di tumori positivi al virus in un totale di circa 5.000 pazienti.
Ma come avviene l’infezione e come si trasmette? Opinione corrente era che il virus potesse essere trasmesso alle donne direttamente dal topo, ma Bevilacqua non era convinto da questa possibilità. Ogni anno nel mondo vi sono circa tre milioni di nuovi casi di cancro mammario. Una infezione topo-donna dovrebbe prevedere una strettissima ed estremamente diffusa coabitazione fra le due specie, difficile da immaginare. Bevilacqua comincia a costruire un’ipotesi alternativa: un virus altamente simile all’MMTV, è già presente nella specie umana! E per dimostrarlo inizia a cercarne le tracce nei resti di individui antichi. La strategia consiste nell’individuare le sequenze virali nel tartaro dei denti, preziosissima cassaforte di tutti i microorganismi che hanno transitato nelle nostre bocche. Con la collaborazione del Prof. Gino Fornaciari, illustre Paleopatologo, vengono raccolti ben 36 crani appartenenti a persone vissute fra l’Età del Rame e il Rinascimento. Nel 2020 viene pubblicato il risultato, che conferma in pieno l’ipotesi: il virus è presente in 6 crani, due dei quali dell’Età del Rame, 4.500 anni fa. Gli individui studiati erano sardi, toscani e liguri.

La mandibola di uno dei crani esaminati. Notare l’abbondanza di tartaro.
Virus e batteri animali possono diventare ospiti permanenti della specie umana mediante il cosiddetto “salto di specie”, in seguito a una strettissima coabitazione. Si ritiene che molte di queste situazioni si siano verificate circa 10.000 anni fa, con l’inizio dell’agricoltura, nel territorio della Mezzaluna fertile (Mesopotamia, valle e delta del Nilo). I campi coltivati attraggono molte specie animali e ne facilitano l’espansione.
Resta un punto: se il virus è insito nella nostra specie, come noi stessi riusciamo a diffonderlo? Bevilacqua considera che molti agenti infettivi si trasmettono con la saliva. Anche questa volta l’ipotesi viene avvalorata dai dati scientifici: il virus è presente nel 10% degli adulti sani, nel 25% dei bambini in età scolare e ben nel 60% delle donne con cancro mammario.
Nel frattempo, il Prof. Andrew Mason, Gastroenterologo dell’Università di Edmonton in Canada, dimostra che lo stesso virus è causa di una rara malattia autoimmunitaria del fegato, la colangite (o cirrosi) primaria primitiva.
Il quadro è ormai definito. Nel topo da milioni di anni alberga un virus capace di indurre i tumori della mammella. Circa 10.000 anni fa, con l’avvento dell’agricoltura, il topo inizia una strettissima coabitazione con gli umani e trasmette loro il virus, che si diffonde nella nostra specie con le goccioline di saliva.
Un nuovo virus umano è nato, se così si può dire! Viene chiamato HBRV, Human Betaretrovirus, primo e unico betaretrovirus umano, capace di indurre il cancro mammario e anche una patologia infiammatoria del fegato.

L’MMTV, il virus del tumore della mammella del topo. Fotografia ottenuta da Generoso Bevilacqua al microscopio elettronico mediante la tecnica della colorazione negativa; primi anni ’80.
Nel contempo, altri laboratori hanno dimostrato che il virus umano è ben in grado di infettare le cellule mammarie e di trasformarle.
Bevilacqua ritiene che i dati fin qui prodotti da vari laboratori nel mondo siano molto solidi, tanto da giustificare lo sviluppo di tecniche diagnostiche e di strategie profilattiche mediante vaccini specifici. E il fatto che una autorevole rivista virologica abbia finalmente accettato l’idea che il cancro mammario sia virale rema nella stessa direzione. La possibilità di rivelare la presenza dell’HBRV con un semplice esame del sangue rappresenterebbe un eccellente modo per individuare le persone a rischio di sviluppare la malattia.
L’articolo è dedicato al Prof. Francesco Squartini, professore di Anatomia Patologica a Pisa, pioniere degli studi sulla biologia del cancro mammario, che introdusse il giovane Bevilacqua al mondo dei topi e dei virus.